Empatia, un’altra di quelle cose di cui tutti parlano ma nessuno sa cos’è e soprattutto come si raggiunge. Una figura mitologica che tutti i professionisti sanitari dovrebbero conoscere e utilizzare e che, purtroppo, in pochi insegnano. Alcuni pensano che sia un’appendice alla terapia e che, come l’appendice nell’uomo, può essere tolta quando infiammata, senza arrecare troppi danni. E poi una domanda, o forse più di una, sorgono spontanee: “Se è così importante perché non viene insegnata all’Università? Perchè non esiste un insegnamento specifico di questa competenza?” Forse non è così importante? Forse non esistono evidenze sulla sua importanza ed efficacia in un contesto clinico?”
PER te è come l’appendice che si può togliere?
A molte di queste domande si può trovare una risposta esaustiva in un articolo del 2009 pubblicato sulla rivista: Patient Education and Counseling.
Vediamo subito insieme cosa possiamo imparare di utile da questo articolo.
Carl Rogers definisce l’empatia come: “L’abilità di percepire il mondo del paziente come se fosse il proprio, ma senza perdere la caratteristica del come se”.
Mercer e Reynold la definiscono come:
1-La capacità di comprendere la situazione del paziente, la sua prospettiva e le sue emozioni (con attaccati i loro significati).
2-La capacità di comunicare che la comprensione e verificarne l’accuratezza.
3-Agire su questa comprensione col paziente in modo terapeuticamente utile.
Empatia e simpatia possono essere associate ma non sono la stessa cosa.
L’empatia è più un attributo intellettuale mentre la simpatia è più uno stato emozionale della mente.
Le differenze tra queste 2 entità hanno diverse implicazioni: quando gli individui sperimento empatia sono in grado di districarsi dai sentimenti altrui mentre quando si sperimentano le stesse emozioni, simpatia, è più difficile rendersi conto a chi appartengono.
L’empatia può quindi essere un evento conscio, uno strumenti che può essere acquisito, misurato, aggiornato, migliorato e insegnato.
Le donne sembrano essere più predisposte alla comunicazione empatia forse per le caratteristiche della loro storia evolutiva.
Oggi, dal punto di vista neuroscientifico, sappiamo che alla base dell’empatia ci sono i neuroni a specchio scoperti dall’equipe del prof. Rizzolati.
Questo grafico riassume quelli che possono essere gli effetti positivi del creare empatia nell’incontro tra clinico, fisioterapista nel nostro caso, e paziente.
L’empatia è un determinante fondamentale nella qualità dell’assistenza sanitaria (quindi anche fisioterapica) perché consente al clinico di svolgere compiti medici chiave in modo più accurato, portando così a migliori risultati di salute. Se per te avere più risultati a breve a medio e lungo termine è un appendice e non una prospettiva allettante allora l’empatia non fa per te.
AD MAIORA
Giuliano
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