Premesse: Una delle esigenze più sentite da parte di chi opera nel campo della riabilitazione, specialmente in questi anni recenti, è sicuramente rappresentata dalla volontà di avvalersi, nell’ambito del proprio operato, di un approccio che non si limiti alla valutazione dei sintomi ma che si rivolga invece, in primis, alla ricerca e all’identificazione delle cause del disturbo che rappresenta l’oggetto del nostro intervento. Si tratta di una tendenza ricompresa in un vocabolo-contenitore, il termine “globalità”, una parola molto usata, in effetti anche un po’ abusata e che rischia, proprio a causa della pretesa di attribuirle troppi significati, di non significare più nulla. Tutte le scuole di pensiero, le metodiche riabilitative e i diversi approcci terapeutici di cui abbiamo avuto esperienza e con cui abbiamo avuto modo di confrontarci in 12 anni di professione, pur avanzando sempre le più ampie pretese di “globalità”, risultano accomunate molto di più, in realtà, dalla tendenza a considerare la patologia ortopedica come il risultato di una qualche disfunzione instauratasi all’interno del sistema neuro-muscolo-scheletrico. L’analisi condotta in questi ambiti si è sempre limitata, cioè, a prendere in considerazione il funzionamento del suddetto sistema dal punto di vista puramente meccanico. A nostro modo di vedere la Programmazione Neuro Linguistica (PNL) e in particolare lo strumento dei Livelli Logici possono costituire una proposta veramente globale, arrivando a comprendere, a fianco dei tradizionali fattori fisici che possono predisporre la cronicizzazione di un problema, anche i fattori cognitivi o, come definiti dai colleghi neozelandesi le yellow flags che rappresentano i fattori di rischio biopsicosociale, riunendo così ciò che il dualismo corpo-mente aveva separato.
Le yellow flags
L’ importanza delle yellow flags è costituita dal fatto che, forse per la prima volta in medicina, si dà rilievo all’influenza esercitata dalla componente cognitiva e sociale, sulle affezioni di interesse riabilitativo. Il lavoro svolto dai colleghi neozelandesi nel descrivere le yellow flags e’ veramente apprezzabile, in quanto mediante un sistema mnemonicamente semplice, basato su un acronimo formato da 7 lettere, ABCDEFW, che stanno per Attitude e Believes, Behaviour, Compensation Issue, Diagnosis, Emotion, Family, Work, vengono riassunti, in maniera molto pratica, i suddetti fattori di rischio bio-psico-sociali. Le yellow flags nascono dall’osservazione che i pazienti che sviluppano problemi cronici hanno spesso delle errate convinzioni e/o atteggiamenti e comportamenti rispetto al problema stesso. Molto frequentemente il problema va ad interferire con la sfera economica del paziente che deve provvedere al pagamento di cure e/o indagini diagnostiche, in concomitanza con la necessità di effettuare numerose assenze sul posto di lavoro. Si tratta di pazienti che hanno di solito ricevuto diagnosi differenti, sia a livello di diagnostica strumentale, (RMN, TC, etc.,) sia di tipo clinico (fibromialgia, lombalgia cronica, discopatia, etc.,). Presentano inoltre una componente emozionale, come tono dell’umore basso, senso di impotenza, lieve depressione, che si ripercuote nel lavoro e nella vita familiare. Si noti, peraltro, come questa lista di fattori non ci fornisca informazioni sul rapporto che esiste tra gli stessi e soprattutto non ci aiuti a capire come agire per risolvere il problema. Esistono poi dei tentativi, a nostro avviso lodevoli, di spiegare ai pazienti come un dolore possa divenire cronico, quale quello di David Butler, con il suo libro “Explain pain”, in cui a volte usa nozioni di neurofisiologia e altre volte usando delle metafore davvero azzeccate.
I livelli logici o di pensiero
L’introduzione dei livelli d’apprendimento si deve a Gregory Bateson, mentore di Richard Bandler e John Grinder, cofondatori della Programmazione Neuro Linguistica (PNL). La PNL nasce negli anni settanta negli Stati Uniti d’America, quando all’Università di Santa Cruz, in California, un informatico Richard Bandler ed un docente di linguistica, John Grinder entrano in contatto. All’epoca Bandler teneva gruppi di studio e lavoro sulla Gestalt therapy, proprio mentre Grinder si occupava di ricerche sulla grammatica transformazionale. I due decisero di condurre insieme studi e ricerche ulteriori: in quel momento nasceva la Programmazione Neuro Linguistica. Durante questi lavori si forma il nucleo dei futuri sviluppatori della PNL (Robert Dilts, Judith De Lozier, Leslie Cameron Bandler, David Gordon ed altri) di cui Robert Dilts è uno dei più prolifici ricercatori, il quale afferma che il cervello e’ organizzato in diversi livelli di elaborazione. Questi livelli logici, o livelli di pensiero, possono essere utilizzati in fisioterapia in quanto possono contenere i normali sistemi valutativi utilizzati nella pratica fisioterapica, basati sui sintomi o sul comportamento del paziente. Non sono un sistema di trattamento, ma individuano chiaramente a quale livello sarà necessario intervenire. Quando lavoriamo per cambiare comportamenti (come ad esempio abitudini posturali errate) o convinzioni limitanti abbiamo bisogno di prendere in considerazione ciascuno di questi livelli: Ambiente, Comportamenti, Capacità, Convinzioni/Valori, Identità, Spirito. Durante una valutazione clinica e durante ogni trattamento come conferma dell’ipotesi strutturata durante la valutazione, dobbiamo chiederci a quale livello si genera il problema riportato dal paziente. Se è un problema generato dall’ambiente risponderà alla domanda dove e quando. Ad esempio una paziente potrebbe riferire che soffre di mal di schiena quando indossa calzature con i tacchi (Dove?) per un tempo superiore alle due ore (Quando?). In questo caso l’ambiente “calzature con i tacchi” genera sul paziente, dopo un certo tempo, le condizioni per lui necessarie allo sviluppo del mal di schiena. È importante sottolineare che non è l’ambiente o la schiena del paziente ad essere in crisi ma la relazione tra essi. Infatti quel determinato stimolo ambientale non è in grado di generare sintomi su tutte le persone ma solo su quel paziente (o quei pazienti che hanno le stesse caratteristiche) e viceversa. Ciò è vero a tutti i livelli che esamineremo. Nella tabella sottostante sono rappresentati tutti i livelli logici e le relative domande a cui rispondono. I livelli sono:
Livello | Domanda |
Spirito Vision | Per chi? Per cosa? |
Identità Mission | Chi sei? |
Convinzioni Valori | Perchè? |
Capacità Abilità | Come? |
Comportamenti | Cosa? |
Ambiente | Dove? Quando? |
In genere possiamo dire che il livello sottostante influenzerà a breve termine il livello sovrastante, mentre il livello sovrastante influenzerà a lungo termine quello sottostante. Affinché un livello sottostante cambi il sovrastante, è necessaria una esposizione ripetuta al livello sottostante. Capire a quale livello logico si presenta il problema ci consente di capire dove agire e ci dà una comprensione globale di come quella persona funziona, sia dal punto di vista fisico che cognitivo. Vediamo come questo modello può essere applicato alla valutazione che il fisioterapista esegue nella sua pratica clinica.
I primi due livelli: Ambiente e Comportamenti
Quando un paziente riferisce un sintomo, chiediamo in che ambiente questo si verifica. Nello schema sopra riportato l’ambiente risponde alla domanda DOVE e alla domanda QUANDO. Un ulteriore esempio potrebbe essere fornito da un paziente che riferisce dolore al piede correndo sull’asfalto, mentre lo stesso sintomo potrebbe non prodursi correndo sull’erba. A questo punto, è opportuno chiedersi se il tipo di ambiente dove si producono i sintomi stressi, o comunque influenzi, in maniera diversa le strutture: sappiamo bene che il modulo di elasticità dell’erba è di gran lunga differente da quello della terra e dell’asfalto. I sintomi possono, quindi, essere dovuti a un determinato ambiente (si tratta quindi di un Problema che si situa a livello Ambiente). In questo caso posso cambiare l’ambiente, andando a correre sull’erba o magari utilizzando scarpe con shock absorber e quindi risolvere il problema. Se correndo sull’ambiente asfalto ho dolore, cambierò il mio comportamento nel breve termine, come ad esempio correre in maniera diversa al fine di evitare il dolore (in questo caso è l’Ambiente che modifica il comportamento nel Breve Termine). Se non ho possibilità di scelta e sono quindi obbligato ad agire in un determinato ambiente, nell’impossibilità cioè, di agire sul fattore ambiente, allora questo cambierà il mio comportamento anche a Lungo Termine. Il comportamento ripetuto, a Lungo Termine, è in grado a sua volta di modificare l’ambiente: dimostriamo ora con un semplice esempio come il comportamento possa modificare l’ambiente. Se corro sempre in un determinato modo consumerò le scarpe magari di più sul versante interno. Ovviamente, affinché questo avvenga è necessario ripetere tante volte il comportamento: avverrà così che “l’ambiente scarpa” si modificherà in conseguenza del comportamento ripetuto. Questo esempio dimostra come, in accordo con quanto si è detto, il livello superiore a lungo termine risulti dominante sul livello inferiore. Il nostro paziente può scegliere dove correre o è obbligato a correre in un determinato ambiente? È la sedia dell’ufficio che è scomoda e mi induce ad assumere una cattiva postura o è la mia postura scorretta che a lungo termine ha sformato la mia sedia? Dovremmo abituarci a chiederci sempre se un determinato comportamento di un paziente è dovuto a un ambiente favorevole allo sviluppo di quel comportamento oppure no. La relazione tra Comportament
La relazione tra Comportamento e Capacità
Continuiamo con semplici esempi, che spesso risultano più utili di pagine intere di spiegazioni. Se giocando a calcetto un paziente va incontro a una distorsione di caviglia, a breve termine perderà la capacità di giocare (Comportamento che a breve termine influenza le Capacità). Il paziente che tutti i giorni esegue gli esercizi prescritti per la gestione di una postura corretta, svilupperà la capacità di mantenere quella postura per tutto il tempo necessario (Comportamento reiterato e/o obbligato che a lungo termine svilupperà la Capacità). Ovviamente se un individuo ha delle capacità potrà mettere in atto dei comportamenti che esprimano queste capacità. Se ha eseguito un buon recupero delle capacità propriocettive della caviglia, ogni volta che si troverà su un terreno scosceso riuscirà a camminare con sicurezza (comportamento). Tutto ciò ha molto in comune con le categorie d’uso descritte nei corsi Maitland. Proviamo ad interrogarci sull’uso che il paziente compie delle sue risorse funzionali: quello che compie il nostro paziente è un uso normale, proporzionato, per le sue capacità, oppure rappresenta una novità per il suo organismo, perché è da poco che ha iniziato a giocare, ad esempio, a tennis, oppure ancora si tratta di un uso eccessivo, un overuse/abuse? Il paziente è in grado di di eseguire il gesto correttamente? Il comportamento del paziente è proporzionato rispetto alle sue effettive capacità?
La relazione tra Capacità e Convinzioni
Le convinzioni sono una sensazione di certezza rispetto ad una determinata cosa: in realtà, diversamente da come si pensa comunemente, non hanno nulla a che vedere con la realtà. Le convinzioni sono degli stabilizzatori emozionali che ci consentono di evitare di fare continuamente esperienza di nuove cose, che possiamo definire anche come delle generalizzazioni relative ad esperienze di causa-effetto. Accade cioè che quando un’esperienza è emozionalmente significativa, determina l’instaurarsi di una convinzione. Aver battuto un amico molto bravo a tennis, ad esempio, potrebbe strutturare nel nostro paziente la convinzione che sia particolarmente dotato per il tennis, di avere per questo sport un vero e proprio talento naturale. Esistono sostanzialmente due tipi di convinzioni: potenzianti e limitanti. Una convinzione potenziante ad esempio, è quella che è necessario tenersi aggiornati per fornire un trattamento valido: questo ci condurrà a studiare e ad approfondire temi come questo che stiamo trattando (Convinzione che nel lungo termine cambia le Capacità). Una convinzione limitante è ritenere che serve solo la terapia manuale, oppure l’osteopatia: ciò non porterà a studiare e a sviluppare delle nuove capacità nel lungo termine. Il fatto che il nostro paziente abbia la capacità di eseguire degli esercizi di estensione e trovare giovamento nel suo mal di schiena potrebbe fargli produrre la convinzione limitante che tutti i mal di schiena possano essere trattati mediante esercizi di questo tipo (Capacità che nel breve termine cambia la convinzione). Proviamo a chiederci, ma noi, di solito, ci prendiamo cura delle convinzioni dei nostri pazienti così come ci prendiamo cura del loro corpo? Vi è mai capitato di trattare un paziente che dice che tu sei il ventesimo specialista che vede per il suo mal di schiena e che pensa che ormai dovrà abituarsi a convivere con questo dolore? Un paziente con questa convinzione, secondo voi, farà gli esercizi che gli assegnate? Sarà motivato a venire a fare terapia e a guarire o magari starà venendo solo per dare soddisfazione all’amico che ve lo ha inviato? Le convinzioni ci dicono perché dobbiamo sviluppare quella determinata capacità. Ad esempio se riesco a convincere (parola che trae la sua origine da vincere-con, quindi vincere insieme) il nostro paziente che è importante che eviti alcune posture per prevenire l’insorgenza del mal di schiena, questo svilupperà la capacità di riconoscere le posture errate e attuerà un comportamento di correzione/prevenzione delle posture errate stesse. I nostri pazienti, normalmente, sono convinti che loro stessi possono essere lo strumento della loro guarigione o credono piuttosto di essere nelle nostre mani? Valutare questa convinzione può essere fondamentale per effettuare una corretta scelta terapeutica. Un paziente che crede di poter fare qualche cosa per il suo problema eseguirà gli esercizi che gli proporremo e sarà quindi adatto ad una metodica quale, ad esempio il McKenzie, dove l’autotrattamento è il fulcro della terapia, mentre, al contrario, un paziente che crede profondamente che la sua salute è nelle nostre mani e che tutto dipende da noi probabilmente risponderà meglio a metodiche in cui riceve passivamente il trattamento. Con questo non vogliamo dire che bisogna fare ciò che desidera il paziente, ma solo che se ci troviamo davanti ad una convinzione abbiamo di fronte due vie, assecondarla scegliendo, se possibile, la metodica che più si adatta alla convinzione stessa, oppure destrutturarla. Il metamodello e gli Sleight of mouth sono alcune tecniche di Programmazione Neuro Linguistica (PNL), che, se adeguatamente applicate, possono servire a questo scopo. Ricordiamo inoltre che il modo migliore per ristrutturare una convinzione è porre domande su di essa ampliando la visione, piuttosto che convincere argomentando. Si consideri, peraltro, che anche i nostri valori non sono altro che convinzioni. Quanta importanza hanno le convinzioni che i pazienti hanno rispetto alla possibilità di guarire o rispetto all’efficacia di una terapia o di un terapista? Chi è convinto di poter guarire, svilupperà l’abilità di trovare un buon terapista e il comportamento di andare a terapia nell’ambiente dove il fisioterapista riceve. Vi è capitato di trattare un paziente con pubalgia che vi dice con voce convinta e rassegnata: “Tanto già lo so che se non mi fermo per almeno un anno non riuscirò ad uscirne”? Questa convinzione limitante non sarà d’aiuto né al paziente né al fisioterapista.
La relazione tra Convinzioni e Identità
L’identità è una particolare convinzione, una convinzione su noi stessi. Essa risponde alla domanda CHI SEI? Quando qualcuno ci chiede chi sei, cosa rispondiamo, normalmente? Possiamo rispondere un fisioterapista, un cristiano, un marito, un padre etc. Molte volte i nostri pazienti si identificano con la patologia di cui soffrono e ti dicono che sono lombalgici cronici (identità) e non che soffrono di (comportamento). Ovviamente l’identità cambierà le convinzioni e lo stesso avverrà via via, in cascata, per tutti i livelli logici. Se io sono un lombalgico cronico potrò, ovviamente, strutturare la convinzione limitante che dalla lombalgia non si può guarire e pertanto non svilupperò le capacità necessarie a guarire e non attuerò i comportamenti di chi vuole guarire, come ad esempio quello di andare (comportamento) da un bravo fisioterapista presso un centro di riabilitazione (ambiente). “Sono un malato cronico”, “sono fibromialgico”, “sono un lombalgico”: tutte queste affermazioni, proprie di tanti pazienti, ci fanno capire che il problema è al livello dell’identità. In questi pazienti si può operare a livello del comportamento che genera sintomi ma sarebbe opportuno, per ottenere risultati nel breve termine, operare, oltre che con la fisioterapia, anche con strumenti cognitivi che ci aiutino a ridefinire l’identità, determinando in cascata il cambiamento di tutti i livelli sottostanti.
La relazione tra Identità e Spirito
Lo spirito/mission risponde alla domanda PER CHI o PER COSA, ovvero a quale gruppo il paziente sente di appartenere? Ci è capitato di conoscere tanti podisti che soffrono di periostite e che quando vengono a farsi trattare dicono che nel loro gruppo nessuno si è fermato dagli allenamenti per risolvere questo tipo di problema e questo li rende scettici in partenza. È lo spirito del paziente che appartiene a quel gruppo che va cambiato, affinché possa aderire con esiti positivi al trattamento.
CONCLUSIONI
I temi che abbiamo esaminato rappresentano una proposta, probabilmente ancora molto in nuce, tendente ad integrare il consueto modo di valutare i nostri pazienti con nuovi elementi, sostanzialmente inerenti la sfera cognitiva degli stessi, con un particolare riguardo per i livelli a cui l’azione deve essere condotta. Ovviamente, perché tutto ciò diventi prassi quotidiana, occorrono delle competenze specifiche, acquisibili come qualsiasi altra metodica che abbiamo appreso e successivamente utilizzato nella nostra carriera. Siamo convinti che sia giunto il momento in cui il mondo della riabilitazione, e più in generale quello della medicina, rivolgano la giusta attenzione all’acquisizione di questo tipo di strumenti, che potranno rendere più completa e realmente “globale” la nostra pratica professionale quotidiana.