Scienza dell'alleanza terapeutica

Questo articolo è la trascrizione di un videofocus che ho realizzato per il canale youtube dell’AIFI. Se preferisci apprendere tramite video puoi trovare il videofocus a questo link:        https://youtu.be/puysX4vJkqk

se preferisci una buona lettura vai pure avanti.

La grande domanda: PERCHE’

Per creare questo video-focus mi sono chiesto perché un fisioterapista dovrebbe interessarsi all’Alleanza Terapeutica. La risposta è molto semplice: perché è dimostrato che l’Alleanza Terapeutica aumenta l’aderenza del paziente al trattamento e all’esercizio.

Questo può essere estremamente vantaggioso perché, in questo momento, in cui la fisioterapia ed in particolar modo la fisioterapia scheletrica sta cambiando profondamente, è necessario avere nuovi strumenti.

Stiamo passando infatti da un approccio “hands on”, caratterizzato da tecniche di mobilizzazione e manipolazione, ad un approccio sempre più “hands off”, caratterizzato da piani di esercizi che stimolino l’autoefficacia del paziente.

Bene, l’Alleanza Terapeutica ci aiuta ad effettuare questo spostamento di paradigma, proprio perché stimola l’aderenza al trattamento.

Questo risultato è confermato da questa review della letteratura, che prende in esame ben 26 articoli, il 57% dei quali mostra una correlazione positiva tra Alleanza Terapeutica ed aderenza al trattamento, quindi l’Alleanza Terapeutica come “chiave di volta” dell’aderenza al trattamento.

Cos’e’ l’alleanza terapeutica

L’origine del concetto di Alleanza Terapeutica si deve a Freud, con il tema del transfert e del contro-transfert. Ma nella visione più moderna, da cosa è composta l’Alleanza Terapeutica? Quali sono quindi i fattori che determinano questo clima di lavoro favorevole?

Bordin ci dice che i fattori che determinano l’Alleanza Terapeutica sono:

  1. La connessione emozionale
  2. L’accordo sugli obiettivi
  3. L’accordo sul piano terapeutico

Vediamo adesso uno ad uno questi tre punti e come possiamo realizzarli nella maniera migliore, sapendo che la pubblicazione di Bordin è sì del 1979, ma anche i lavori più recenti considerano questo concetto enunciato come valido.

uno sguardo approfondito

1-   La connessione emozionale, o ponte emozionale, è uno stato psico-fisico che si deve raggiungere durante l’interazione col paziente. Termini come empatia, il concetto di rapport, la fiducia e la comprensione del paziente, possono essere considerati come sinonimi, o talvolta come sfaccettature del concetto di connessione emozionale.

Dalla letteratura sappiamo che utilizzare le stesse parole del nostro interlocutore, la sua stessa gestualità e muoversi in maniera sincrona, aumenta la componente della cosiddetta empatia motoria.

Il riconoscere invece le emozioni del paziente, che può essere fatto semplicemente con frasi come “vedo che questa cosa la sta facendo soffrire molto” (se leggiamo ovviamente sofferenza nei nostri pazienti), aumenta il tasso della empatia cognitiva, in quanto il paziente si sente riconosciuto nel suo vissuto.

Infine esiste una terza modalità di empatia, che è l’empatia emotiva, dovuta ai neuroni a specchio. Questo tipo di empatia si produce ogni qualvolta una persona, nel nostro caso il fisioterapista, reagisce al vissuto del paziente con un cambiamento emozionale. Ad esempio il fisioterapista potrebbe dire “Mi rattrista vederla così sofferente”. Vediamo quindi che c’è stato un cambiamento dell’emozione del fisioterapista, che va a rattristarsi di fronte alla sofferenza del paziente. Ovviamente questo eloquio, il rattristarsi senza parlare (quindi con una comunicazione non verbale) deve essere vero, perché se il paziente dovesse percepire che questo eloquio ed il nostro non verbale non traducono un’emozione vera che stiamo percependo, ovviamente si avrebbero degli effetti del tutto contrari, ovvero romperemmo quella connessione emozionale che invece stiamo cercando

2. Adesso ci focalizziamo sull’ accordo degli obiettivi. Lavorare sugli obiettivi del paziente è un concetto estremamente interessante, perché ristruttura il concetto e quindi quella che è la professione del fisioterapista. In realtà lo specialista della pianificazione degli obiettivi è il coach, quindi nel creare quella che è l’Alleanza Terapeutica il fisioterapista utilizza quelli che sono gli strumenti tipici del coaching.

Nella letteratura scientifica riabilitativa viene spesso utilizzata una metodologia di pianificazione degli obiettivi definita “SMART”. Questa, sia chiaro, non è l’unica e secondo me non è neanche la migliore, ma vista la sua estrema semplicità, data anche dall’ambiguità linguistica (“smart” vuol dire anche altro), è una delle più diffuse.

“SMART” appunto vuol dire “furbo” in inglese, ma in questo caso è l’acronimo che ci aiuta a capire e ricordare i passi fondamentali che sono: 

Verificare che l’obiettivo sia:

S- Specifico. Migliorare ad esempio non è un obiettivo specifico, non ci dice cosa intende specificatamente il paziente per “miglioramento”; potrebbe essere il dolore, ma potrebbe essere anche la funzione o l’articolarità e a questo proposito ricordo che non sentire dolore non è un obiettivo specifico. Le negazioni non sono mai una buona strategia perché ci dicono cosa non vuole il paziente, non ciò che realmente desidera.

M-  Secondo punto è che l’obiettivo deve essere Misurabile. Bisogna verificare che l’obiettivo che il paziente si sta ponendo sia misurabile e ciò significa che deve essere chiaro in termini sensoriali. Riuscire a salire una scala di dieci gradini è un obiettivo misurabile, come lo è anche il riuscire a mettere i piatti nella credenza; alzare di più il braccio invece non è un obiettivo specifico e misurabile.

Questo concetto è sicuramente molto chiaro ai fisioterapisti, perché spesso il concetto di “misurabilità” sottende il concetto di “funzione” e noi molto spesso già nella nostra pratica clinica utilizziamo test funzionali o scale funzionali.

A- Il terzo punto è Arrivabile: è fondamentale che l’obiettivo sia arrivabile o raggiungibile.

Questo concetto ha a che fare con la possibilità di raggiungimento dell’obiettivo. Guarire da una frattura in un giorno non è sicuramente un obiettivo raggiungibile, almeno non lo è per le conoscenze attuali, quindi nell’essere il coach del proprio paziente il fisioterapista deve sincerarsi che l’obiettivo sottenda qualche cosa che le conoscenze attuali siano in grado di realizzare, nei modi e nei tempi.

R- L’obiettivo deve essere anche Rilevante, ovvero deve valere la pena di raggiungerlo. Questo, secondo me, è un punto nodale, perché ci comunica il livello di motivazione del paziente. Notiamo che “motivazione” è il motivo che ci porta all’azione. La motivazione non è qualcosa che il coach possa regalare al paziente, ma qualcosa che il paziente deve avere già dentro e che il coach può semplicemente aiutare a tirar fuori, a ritrovare, magari riflettendo bene su cosa il paziente potrà ottenere quando avrà risolto il problema, cosa potrà tornare a fare e quindi capire se può valerne la pena.

T– L’ultimo punto degli obiettivi “Smart” è il Tempo. Un obiettivo si distingue da un sogno per la data di scadenza: quando si pianifica un obiettivo bisogna darsi dei tempi, perché il tempo ci dirà poi come procedere per creare un piano d’azione corretto. Darsi una data di scadenza è un elemento che produce motivazione sia a livello conscio che inconscio. A tal proposito, ricordo che quando ero uno studente universitario non studiavo mai tantissimo, almeno fino a quando non venivano pubblicate le date dell’esame. Forse hai fatto anche tu la stessa esperienza, ovvero, avere una data di scadenza ti ha dato la motivazione aggiuntiva per studiare e fare quello che andava fatto. Lo stesso vale per i nostri pazienti: darsi una data equivale ad aggiungere una motivazione.

3- L’accordo sul piano terapeutico è di fatto il completamento della pianificazione degli obiettivi.

Possiamo essere in accordo sull’obiettivo, ma non esserlo sulle strategie di raggiungimento. Il fisioterapista, per migliorare questo punto, deve innanzitutto spiegare il piano terapeutico che ha in mente e chiedere al paziente se è d’accordo sugli step e sui tempi di attuazione. In caso di disaccordo ovviamente il fisioterapista deve negoziare con il paziente il piano terapeutico; ciò non significa fare solo quello che il paziente desidera, ma trovare un punto di incontro che il paziente reputi qualcosa di corretto e fattibile per lui. Molto spesso infatti la mancata aderenza ad un trattamento nasce dal fatto che un paziente non è mai stato reso partecipe di questa fase; una persona aderisce maggiormente ad un trattamento che ha scelto, piuttosto che ad uno che gli è stato imposto.

RECAP

Ricapitoliamo quindi le basi del concetto di Alleanza Terapeutica dal punto di vista scientifico, che sono:

  1. La connessione emozionale, che è la somma delle tre componenti di empatia motoria, empatia cognitiva ed empatia emotiva;
  2. L’accordo sugli obiettivi, che è possibile raggiungere pianificando gli obiettivi con il sistema “Smart”;
  3. Il raggiungimento di un accordo sul piano terapeutico.

Lavorare fin da subito su questi concetti aumenterà la tua efficacia, quindi datti da fare e, se avessi qualche dubbio, puoi scrivermi al mio indirizzo email giulianomari@gmail.com.

Ti auguro una buona giornata.

Ad Maiora

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